🧠 Cosa sono i bias cognitivi e le euristiche? I principali esempi e come utilizzarli nel marketing
Cosa sono i bias cognitivi? Cos’è il bias? Cos'è un'euristica?
Viviamo nell’overload dell’informazione il nostro cervello riceve tantissimi stimoli ed abbiamo visto come a subirne le conseguenze è la nostra concentrazione.
La nostra mente per adattarsi alla mole di informazioni e per gestirne più possibili cerca delle scorciatoie altrimenti esaurirebbe immediatamente tutte le sue energie.
La psicologia cognitiva individua due tipi di scorciatoie:
- le euristiche
- i bias cognitivi
Le euristiche sono scorciatoie, sono strategie efficienti che abbiamo imparato grazie all'esperienza e alla conoscenza e che ci consentono di gestire le informazioni ed i problemi e prendere decisioni velocemente.
Ci basta estrapolare un piccolo pezzo della realtà per riuscire ad avere un'idea corretta o non molto lontana dal vero.
Per esempio un vecchio marinaio riuscirà a capire direzione e forza del vento in pochi secondi solo da come vibra la vela senza aver bisogno di strumenti di misurazione.
I bias cognitivi sono scorciatoie della nostra mente che producono invece distorsioni soggettive della realtà e valutazioni errate, sono in pratica euristiche inefficaci, euristiche con errori😁
La diffusione del termine si fa risalire agli inizi degli anni 70 grazie al lavoro dei due psicologi Kahneman e Tversky sullo studio dei processi decisionali delle persone.
Foto storica di Tversky (a sinistra) e Kahneman (a destra)
La parola “bias” viene dall’inglese (prima ancora dal francese e provenzale) e significa appunto: distorsione, inclinazione, errore, pregiudizio.
Il termine Bias Cognitivo lo sentiamo citare sempre più frequentemente e nell'attuale società aumentano le distorsioni e le percezioni errate in fase decisionale.
Per chi lavora nel mondo del marketing, nel digital marketing e nelle vendite è molto utile investire del tempo per approfondire la tematica e conoscere le principali distorsioni cognitive.
Le distorsioni cognitive sono tantissime e nessuno è immune da tale fenomeno.
Vediamone alcune delle più note e curiose.
Bias della Conferma
Ricerchiamo e interpretiamo le informazioni ponendo maggiore attenzione e peso a quelle che confermano le nostre teorie, ipotesi o convinzioni.
Ciò che l'essere umano sa fare meglio è interpretare tutte le nuove informazioni in modo che le sue conclusioni precedenti rimangano intatte. (Warren Buffett)
Si tratta di una percezione selettiva che filtra nella direzione che vogliamo noi.
Per esempio se penso che bere il vino allunga la speranza di vita farò molta più attenzione alle ricerche che confermano la mia tesi e filtrerò quelle che magari la mettono in discussione.
Il bias di conferma agisce anche nelle fasi di post acquisto di un prodotto/servizio per rassicurarci di aver fatto la scelta giusta.
A tal fine a livello marketing può essere utile anticipare il cliente fornendo dati e dettagli che lo rassicurano nella sua decisione.
Questa distorsione è una delle più frequenti e spesso è uno dei limiti della nostra crescita personale ed intellettuale e dello sviluppo della ricerca scientifica.
Personalmente al suo interno vedo la combinazione di:
- percezione selettiva
- filter bubble
- pizzico di orgoglio personale
A volte questo bias può essere anche utile in quanto è molto efficiente nel ricercare esempi e applicazioni a sostegno di una nostra teoria.
Per aggirare gli effetti negativi cerchiamo di validare e confrontare le nostre idee anche con qualcosa di esattamente contrario oppure ricorrere alla casualità.
Avversione alla perdita (Loss aversion) ed effetto scarsità
L'essere umano è più motivato ad evitare la perdita che dalla possibilità di guadagnare qualcosa dello stesso valore o addirittura maggiore.
E' famoso il test della moneta effettuato da Kahneman per misurare tale fenomeno.
Le persone avevano due opzioni tra cui scegliere:
- se esce croce ricevi 100 euro mentre se esce testa non hai nulla
- ricevi subito 40 euro senza giocare
La stragrande parte delle persone ha scelto la seconda opzione.
Questo perchè il rischio di perdere tutto vinceva sul premio di 100 euro (comunque considerando la variabile casuale il vantaggio era maggiore nel primo caso di 10 euro).
L'avversione alla perdita è anche uno dei motivi principali per cui l'economia classica basata su comportamenti razionali va rivista (infatti per la teoria economica tutti avrebbero scelto l'opzione 1).
Hai mai provato la FOMO (Fear Of Missing Out 😲)?
Questa è una forma di ansia sociale che fa temere alle persone di perdere un'occasione, di essere lasciate fuori da eventi eccitanti o interessanti.
I social hanno enfatizzato tale fenomeno e diversi studi indicano che tra i millenial la percentuale di chi ne soffra si aggiri tra il 60/70%!
L'ansia da FOMO deriva proprio dal principio psicologico dell'avversione alla perdita.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Computers in Human Behavior ha indagato sul legame tra il livello individuale di FOMO e l'uso dei social media.
I risultati sono stati chiari: le persone che hanno mostrato più FOMO hanno mostrato anche un uso più problematico dei social media.
Le persone che mostravano un FOMO elevato erano anche più depresse, ansiose e nevrotiche rispetto a quelle con FOMO più basso. Inoltre, un FOMO elevato era collegato a una maggiore paura di una valutazione negativa.
Al contrario, le persone con FOMO più basse avevano un livello di autodisciplina più elevato rispetto a quelle con FOMO elevate.
Le persone con un'elevata FOMO controllano i feed dei social media dei loro amici e familiari per non perdere ciò che accade nelle loro vite. E’ anche vero il fenomeno contrario, se qualcuno controlla costantemente i feed dei social media di altre persone, potrebbe sviluppare FOMO perché vede altre persone fare cose fantastiche e divertirsi sempre.
Inoltre non viene percepito il fatto che queste immagini abbiano spesso un aspetto migliore dell'esperienza reale (qui si apre un altro filone di analisi psicologica su chi condivide per dare una certa percezione di se diversa dalla realtà).
A livello marketing questo bias può essere utilizzato comunicando la perdita a cui il cliente andrebbe incontro se non effettua la sua scelta.
Nell'esempio che segue una società di telecomunicazioni britannica mostra quanti soldi un utente perderebbe ogni anno se scegliesse la tariffa sbagliata.
A livello di copywriting si fa ampio uso della frase "non perdere....", per esempio nella vendita di un corso online l'annuncio potrebbe essere: "Non perdere la possibilità di migliorare la tua carriera e trovare il lavoro dei tuoi sogni. ....iscriviti al nostro corso di.....".
Oppure per un'agenzia viaggi potrebbe essere: "Non perdere il viaggio dei tuoi sogni, non aspettare, parti subito per questa avventura sulle isole brasiliane di Fernando De Noronha"
Anche a livello personale per motivarci a fare qualcosa basta pensare che non possiamo perdere una determinata occasione in quanto c'è il rischio che possa non ricapitare mai più.
A livello di neuromarketing lo strumento però che consente di sfruttare al massimo la spinta all'azione per l'effetto perdita è sicuramente l'abbinamento all'effetto scarsità.
Come dice la parola stessa si fa percepire la carenza di un prodotto o servizio.
Tale effetto si enfatizza facendo leva sui seguenti elementi:
- occasione da non perdere (tipicamente una promozione)
- numero limitato di pezzi o tempo limitato per poter aderire (per esempio scade il xxx)
- competizione con altri acquirenti, sapere che ci sono altre persone che potrebbero godere del vantaggio al nostro posto
La combinazione di tali fattori è acclarato che aumenta notevolmente la probabilità di acquisto del potenziale cliente.
Non a caso è ampiamente utilizzato da grandi canali di ecommerce online partendo in primis dal travel.
Nei modelli di pricing moderni, in particolare online, si fa ampio uso del modello freemium e del free trial, quest'ultimo risulta essere molto efficace per sfruttare il bias della loss aversion.
Infatti l'effetto perdita generato dalla scadenza del periodo di prova (per esempio dopo 30 giorni) statisticamente aumenta le conversioni (chiaramente a parità di valore fornito, di solito si fanno test con e senza il trial).
Lo sfruttamento del bias della Loss aversion è molto efficace anche nelle trattative commerciali in particolare quando c'è asimmetria di conoscenza o non c'è tempo per l'approfondimento.
Per esempio un'azienda che vende advertising online può mostrare al potenziale cliente come i suoi competitor stiano già investendo con profitto sulla pubblicità online.
La dichiarazione a questo punto può essere: "non investendo oggi vi perdete delle opportunità che sono colte dai vostri concorrenti!"
Se la proposta è fatta ad un CEO (che ovviamente non conosce i dettagli tecnici) può sortire un effetto molto positivo in termini di vendita.
Analogamente è pratica di molti commerciali dichiarare forti incrementi delle performance di vendita, che il cliente perderebbe se non utilizzasse le soluzioni proposte 😉
Bias del contesto (Framing)
L’essere umano sceglie anche in base al contesto in cui ci viene formulata un’opzione.
Facciamo un esempio pratico.
https://www.fabriziocostantini.it/marketing/bias-cognitivi.php#framingMario è un operaio di una catena di montaggio, un giorno chiede al capo reparto “posso mangiare un panino mentre lavoro?”, il superiore disse di no immediatamente.
Il giorno dopo Mario riformulo la richiesta chiedendo: "posso lavorare mentre mangio un panino?”. In questo caso il capo reparto acconsentì senza esitare.
Il contenuto dell'azione è la stessa è stato cambiato solo il contesto.
Un altro esempio molto interessante nel campo del marketing è relativo alla percezione del vantaggio di una promozione in funzione del contesto.
Per esempio se un PC costa 600 euro e indichiamo due opzioni uguali di formulazione dello sconto:
- sconto del 20%
- sconto di 120 euro
Le ricerche hanno dimostrato che i clienti saranno molto più interessati alla seconda opzione.
Tale effetto viene chiamato "la regola dei 100".
Tutti i vantaggi sotto i 100 euro sono più attranti per il cliente se espressi in percentuale mentre sopra i 100 funziona di più esplicitare il valore assoluto dello sconto.
Per lo stesso principio vale il ragionamento opposto: per un prodotto che costa 10 euro sarà più efficace indicare lo sconto del 20% in luogo di 2 euro in meno.
Effetto Alone (Halo effect)
La nostra percezione di una persona, di un brand, di un oggetto o di un'azienda è influenzata da altri elementi dello stesso in un'area differente.
Un esempio classico è una persona di bell'aspetto che genera un'alone tale per cui siamo portati ad avere un giudizio positivo anche in altri tratti dell'individuo.
L'effetto Alone è molto utilizzato nel marketing e nella strategia aziendale.
Per esempio l'uso di testimonial molto apprezzati nel loro campo possono creare un'alone sui prodotti che sponsorizzano.
Un'azienda con una bella politica di sostenibilità e rispetto dell'ambiente sarà in grado di creare un'alone positivo anche sui propri prodotti e brand.
L'Halo effect potremmo chiamarlo anche l'effetto proiezione, in quanto si proiettano alcune caratteristiche positive (ma vale anche al negativo) in aree differenti.
Come sfruttare l'effetto alone nelle presentazioni di lavoro?
Due aspetti sono fondamentali:
- le nostre slide devono aver un bel design e non presentare errori (è simile all'effetto della persona di bell'aspetto). In presentazioni esterne con un pubblico la tecnica classica è il warmup con un bel video emozionale!
- inserire all'inizio della presentazione la parte positiva del progetto e solo alla fine i punti critici/problemi
Bias della negatività
Avete fatto tante cose buone e di valore ma accade un giorno di fare un errore, il bias della negatività ci dice che quell’errore verrà sicuramente notato maggiormente delle cose giuste che avrete fatto.
Mia nonna quando facevo dei casini mi diceva: solo chi fa sbaglia!
Il bias della negatività crea quella distorsione cognitiva tale per cui poniamo maggiore attenzione agli elementi negativi.
Collegato con tale effetto abbiamo il fenomeno dell’asimmetria positivo-negativo: le persone ricordano meglio le notizie e le informazioni negative, le citano e condividono maggiormente e nella fase di valutazione di qualcosa esse fanno più affidamento su di esse.
Dal punto di vista dell’azienda l’effetto è che a parità di esperienze positive e negative del cliente quest’ultime hanno un impatto nettamente più alto; inoltre tipicamente le persone che hanno avuto problemi sono più propense a condividere la loro esperienza.
Mi piace chiamare la combinazione di tali elementi come l’effetto caffè e latte: bastano poche gocce di caffè per macchiare un bicchiere di latte!
Il fenomeno dell'asimmetria lo conosce bene l’algoritmo di Facebook.
Se è vero che l’algoritmo premia i contenuti più notati, commentati e condivisi e se è vero che quest’ultimi sono quelli negativi, ecco qua che forse è meglio chiamare l’algoritmo di Facebook: l’algoritmo della negatività.
Effetto Cashless
Stavo guardando i miei ordini su Amazon e mi rendevo conto di quanta roba acquisti in particolare i libri, mi basta un suggerimento, un’intervista e vado a cercare da Jeff e con un click, un maledetto click 😂, ho già comprato.
Un'idrovora attaccata alla mia carta!
Ma se pagassi come una volta alla consegna in contrassegno oppure nella fase di checkout mi apparisse un cassiere davanti a cui dare il contante 💰💰💰, la mia propensione alla spesa sarebbe uguale?
La scienza ci dice di no.
Si chiama effetto Cashless.
E' l'effetto per cui se paghiamo non in contanti ma con una forma di pagamento elettronica (carta di credito, contactless smartphone, paypal online, wallet online ecc...) spendiamo di più.
Questo effetto possiamo legarlo all'effetto dell'avversione alla perdita, infatti non vedendo uscire fisicamente il denaro si riduce la percezione dell'esborso.
Il fenomeno esiste sia online che nel retail fisico. Online occorre però distinguere il primo acquisto dagli acquisti successivi.
Infatti il primo acquisto è quello con la barriera maggiore, il processo di pagamento, per quanto semplificato, è tale da neutralizzare ampiamente l’effetto cashless.
Dall’altro una volta registrati e creato il wallet (come nel caso di Amazon) l’effetto propensione dato dal pagamento elettronico raggiunge i livelli più alti.
Si possono fare due considerazioni:
✔️ per un ecommerce è fondamentale ottenere il primo acquisto ed incentivi in merito sono ben spesi
✔️ l’ecommerce oneshot non gode ahimè di queste dinamiche (es. un abbonamento online ad Internet per citarne uno)
Gestione dei bias cognitivi
Conoscere le distorsione è molto utile per sfruttarle a livello di marketing come abbiamo visto negli esempi ma anche a livello personale saperli riconoscere ci rende più consapevoli.
Infatti se grazie alla consapevolezza attiviamo la nostra parte del cervello più razionale riusciremo spesso a rivedere la nostra decisione e ridurre il numero di errori!
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